Omelia del card. Francis Arinze

Card. Francis Arinze1- Forse durante il corso dei mesi passati, dal momento in cui avete ricevuto la notizia che il beato Josemaría Escrivá sarebbe stato canonizzato, avete spesso elevato il vostro cuore in ringraziamento a Dio. E’ questa la naturale reazione di figli di Dio, il cui Padre non cessa mai di riversare dal cielo grazia su grazia. Ma nello stesso tempo non abbiamo avuto dubbi del fatto che il nostro ringraziamento avesse breve durata, che fosse inadeguato.

Dio è così buono che ci aiuta a superare anche questa difficoltà. Ci regala il necessario per offrirgli un atto perfetto di ringraziamento: il sacrificio santo della Messa. E così è davvero bello che dopo la gioia della scorsa domenica di fronte all’altare di Piazza di San Pietro, ci si debba ritrovare di nuovo di fronte ad un altro altare, qui nella Basilica di Santa Maria Maggiore a ringraziare Dio per la canonizzazione di Josemaría Escrivá. Così come è bellissimo che si voglia rendere grazie a Dio per questa grande grazia proprio nella prima chiesa di Roma (e forse dell’intero occidente) dedicata a Santa Maria. Per San Josemaría la santità era molto mariana. La sua vita fu marcata da un fiducia filiale in Maria Santissima; spesso implorò grazie per se stesso, per l’Opus Dei e per la Chiesa intera. Per noi è una gioia speciale nel rivolgerLe i nostri ringraziamenti in questa Basilica così strettamente associata al Suo amore materno per Roma e per la Chiesa intera.

Abbiamo soggezione della bontà e del potere di Dio. Come indicò 10 anni fa il primo successore di San Josemaría al timone dell’Opus Dei, mons. Alvaro del Portillo, dopo la cerimonia di beatificazione, non c’è evento nell’universo intero che sia comparabile con l’elevazione di una mera creatura alla condivisione della vita della Santissima Trinità (Omelia di Alvaro del Portillo, S. Messa di Ringraziamento del 21 maggio 1992). Quando un uomo o una donna vengono canonizzati, ci meravigliamo del lavoro di Dio in una creatura che è stata vittoriosa nella lotta per essere docile al lavoro di trasformazione attraverso la grazia. Nel santo canonizzato ci viene presentato un esempio da seguire. Siamo spronati a lasciarci trasformare dallo Spirito Santo, fino ad essere in grado, nelle parole di San Paolo, di gridare “Abba, Padre!” e ad essere fatti realmente figli di Dio: “E se siamo figli, siamo anche eredi: eredi di Dio, coeredi di Cristo” (Rom 8: 14-17).

Forse non avete ancora avuto l’opportunità di meravigliarvi di fronte ai capolavori artistici di Michelangelo e Raffaello; ma in questi giorni stiamo ammirando un’arte molto più grande, un’arte divina; quella dello Spirito Santo che forgia l’immagine dell’unico Figlio generato in una creatura umana. Quando lodiamo il lavoro artistico – in questo caso il santo recentemente canonizzato – noi stiamo glorificando l’artista, l’intera Trinità. Dove l’artista umano usò migliaia di pennellate, Dio Padre usò “innumerevoli grazie”. Ma l’opera divina, diversamente da quella umana, comporta un’interazione misteriosa tra la grazia divina e la libertà umana. Ogni grazia è un invito, e la santità è la nostra risposta affermativa a questo invito. Più leggiamo della vita di san Josemaría Escrivá, più ci meravigliamo di quelle pennellate eccellenti; lo vediamo rispondere con un fermo “sì” alle grazie di Dio, anche quando vennero, come spesso è accaduto, sotto forma di una croce.

2- Il 9 ottobre 1931, san Josemaría Escrivá scrisse nel suo diario personale: “Oggi, nella mia preghiera ho rinnovato la decisione di essere santo. So che ci riuscirò – non perché io sia sicuro di me, Gesù, ma perché lo sono di Te.” (Andres Vázquez de Prada, Il Fondatore dell’Opus Dei, Vol. I, p.262). Settantuno anni più tardi queste parole impressionanti si sono dimostrate vere. Ci mostrano come fosse corretto riporre tale fiducia in Gesù. Servono anche a confermare il suo insegnamento che la santità non è un vano sogno. È piuttosto la volontà di Dio per ognuno di noi. Dobbiamo imitare questa convinzione del fondatore dell’Opus Dei, che possiamo raggiungere le altezze della santità non per la sicurezza in noi stessi ma per la fiducia in Cristo, che invia lo Spirito Santo nei nostri cuori per condurci al Padre. Forse questi giorni a Roma possono divenire per noi un’occasione per rinnovare la nostra decisione di divenire santi, o come direbbe san Josemaría Escrivá: “santi canonizzabili”.

San Josemaría ha offerto la vita diffondendo il messaggio che tutti gli uomini e le donne sono chiamati a questa stessa santità, che Dio vuole e ha bisogno di casalinghe, dottori, negozianti, soldati, uomini d’affari, statisti e studenti che siano “canonizzabili” – uomini e donne che raggiungano la santità attraverso e non nonostante le loro vite e la loro occupazioni ordinarie. Dio ha voluto che la santità di Josemaría fosse formalmente confermata dalla Chiesa per la guarigione miracolosa delle mani malate di cancro di un chirurgo spagnolo. Molti hanno trovato che fosse particolarmente significativo che la guarigione che ha confermato l’intercessione di san Josemaria fosse così strettamente connessa con il lavoro di questo medico. Aveva contratto la malattia esercitando il suo lavoro ordinario, e alla fine aveva dovuto abbandonare l’attività per questo male. Grazie all’intercessione di san Josemaría questo dottore è stato in grado di ritornare al suo lavoro, come se ancora una volta il cielo volesse ricordarci che il lavoro è strada verso alla santità. Come scrisse Josemaría: “È ora per noi cristiani di gridare dai tetti che il lavoro è un regalo di Dio e che non ha senso classificare gli uomini in base alla loro occupazione, come se alcuni lavori fossero più nobili di altri. Il lavoro, ogni lavoro, è testimonianza della dignità dell’uomo, del suo dominio sulla creazione… Per il cristiano, queste prospettive si dilatano. Il lavoro appare infatti come partecipazione all’opera creatrice di Dio, il quale, avendo creato l’uomo, gli diede la sua benedizione: “Siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra; soggiogatela e dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo e su ogni essere vivente che striscia sulla terra” (Gen 1-28). E inoltre il lavoro, essendo stato assunto da Cristo, diventa attività redenta e redentrice: non solo è l’ambito nel quale l’uomo vive, ma mezzo e strada di santità. (Omelia del 19 marzo 1963, Nella bottega di Giuseppe)

La canonizzazione di san Josemaría3- Ogni uomo e ogni donna elevati agli altari sembrano chiamarci: “Avvicinati! Io non sono un modello distante degno di sola ammirazione, ma una persona vera da imitare”. Sì, quando ci imbattiamo in un nuovo santo nel canone, dovremmo ritrovarci a porci la domanda: “Se lui o lei ce l’ha fatta, perché non dovrei io?” Questo è ancora più vero per la canonizzazione di san Josemaría Escrivá. Si potrebbe dire che ogni santo abbia un particolare messaggio per il mondo, e nel caso di san Josemaría Escrivá questo messaggio è precisamente che noi tutti siamo chiamati alla santità. L’unica tristezza è il non essere un santo! Non possiamo dire: “Signore, non posso cercare la santità nella mia vita perché… sono troppo debole, troppo povero, troppo ricco, troppo insignificante, troppo senza importanza.” No, come mostrò il fondatore dell’Opus Dei, questa chiamata alla santità è veramente per ognuno di noi. Ed ora il Santo Padre ci sta chiedendo di “riscoprire il pieno significato pratico del quinto capitolo della Lumen Gentium, che è dedicato alla ‘chiamata universale alla santità'”. (Novo Millennio Ineunte, 30)
Questo è il sistema per risolvere i problemi del mondo perché, come scrisse Josemaría, “queste crisi mondiali sono crisi di santi”. (Cammino, n. 301)
In un momento in cui molti si sentono tentati dalla disperazione nel portare la pace al mondo, di porre fine ai conflitti tra le comunità, gli stati e anche intere razze, gli insegnamenti luminosi del nuovo santo hanno un’eco particolare nei nostri cuori: “Per dare la pace alle anime, ma una pace vera, per trasformare la terra… la santità personale è indispensabile. Nelle mie conversazioni con persone di tanti paesi e dei più diversi ambienti sociali, spesso mi sento domandare: «Che cosa può dire a noi che siamo sposati? E a noi che lavoriamo nei campi? E alle vedove? E ai giovani?». Rispondo sistematicamente che ho “un’unica zuppiera” da offrire… Tutti sono chiamati alla santità, il Signore chiede amore a ciascuno: giovani e anziani, celibi e sposati, sani e malati”. (Omelia del 26 novembre 1967, Verso la santità)

Questa canonizzazione è per ognuno di noi, e per tutti i cristiani, una nuova chiamata alla santità. Ci assicura nuovamente che, nonostante le nostre innegabili debolezze, la grazia di Cristo è sovrabbondante. Dobbiamo però avvalerci dei canali della grazia di Dio. Coloro che sentirono la predicazione di san Josemaría Escrivá, o che lo sentirono parlare in sale affollate durante i viaggi apostolici in tutta l’Europa e in Sud America, videro come promuovesse accanitamente la preghiera personale e il ricorso regolare e frequente ai sacramenti, particolarmente la Riconciliazione e la Santa Eucaristia. Attraverso la preghiera ed i sacramenti il cristiano entra nella famiglia di Dio.

4- Quando san Josemaría aprì il suo primo centro per gli studenti universitari nel 1933, lo chiamò D.Y.A. Ad un primo livello il nome si riferiva alle materie che venivano insegnate: legge (derecho) ed architettura. Ma facevano riferimento anche a questo motto: Dios y Audacia; Dio e audacia! Vide un collegamento lampante tra l’appartenere a Dio e l’essere audaci nella nostra vita spirituale e nel nostro lavoro apostolico. Il mondo appartiene ai figli di Dio, che lo sentono dire: «Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato. Chiedi a me, ti darò in possesso le genti e in dominio i confini della terra. (Ps 2, 7-8)
La canonizzazione del fondatore dell’Opus Dei è una appello ad essere sale e luce di Cristo nel mondo. Come ricordò il Papa lo scorso anno: “E’ il tempo per lasciar da parte ogni paura ed intraprendere audacemente obiettivi apostolici. Duc in altum! L’invito di Cristo ci sprona a buttarci a capofitto, a nutrire sogni ambiziosi di santità personale e di fecondità apostolica”. (Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al seminario sulla Novo Millennio Ineunte organizzato dalla Prelatura dell’Opus Dei, 17 marzo 2001)
Ricorda che puoi contare sull’intercessione potente del tuo padre spirituale, san Josemaría, e con l’assistenza materna della Vergine Maria, ottenere da Dio per tutti noi gli importanti doni spirituali di cui abbiamo bisogno nel nostro pellegrinaggio verso la santità ed l’apostolato.

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