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Data: 05/10/2002
Autore: O. Petrosillo
Fonte: Il Messaggero
Editore: -

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"Fede e lavoro: la modernità di un modello per tutti"

«Un modello estremamente alla mano di santità»: così il cardinale José Saraiva Martins, da quattro anni a capo del dicastero per le Cause dei santi, descrive Josemaría Escrivá.

In questi mesi sono stati proclamati grandi santi e molto popolari come padre Pio, Juan Diego di Guadalupe e, tra breve, verrà beatificata Madre Teresa di Calcutta. Nel "canone" dei santi, quale posto occupa mons. Escrivá?
«E’ indubbiamente una delle figure più straordinarie dell’agiografia cristiana moderna. Il Santo Padre Giovanni Paolo II ha ricordato, non molto tempo fa, che "l’azione dello Spirito Santo si rende evidente nella costante presenza, lungo i secoli, di uomini e donne, fedeli a Cristo, che illuminano, con la loro vita e il loro messaggio, le diverse epoche della storia". Tra queste figure insigni, occupa un posto di rilievo il nuovo Santo Josemaría Escrivá, che ha ricordato al mondo contemporaneo la chiamata universale (quindi dei laici come dei sacerdoti e religiosi) alla santità e il valore cristiano che deve assumere il lavoro professionale, qualunque esso sia».

Quale messaggio implica questa canonizzazione?
«Canonizzando il Fondatore dell’Opus Dei, il Papa offre a tutti i cristiani un modello attuale, ed estremamente alla mano, di santità. Inserendolo nel novero dei Santi, proclama che egli è parte del tesoro della Chiesa (non certo soltanto dell’Opus Dei), del patrimonio di santità che la costituisce e dal quale trae alimento. Il nuovo Santo appartiene a tutti i cristiani, sia come intercessore nelle loro necessità, sia come modello di ispirazione per la loro vita».

Più concretamente, quali sono le caratteristiche di questo sacerdote per le quali la Chiesa lo propone a modello?
«Innanzitutto, la sua singolare apertura di mente e di cuore che lo portava a riconoscere il valore di ogni persona e, quindi, a promuovere la specificità di ogni istituzione nella Chiesa, ma altresì a tutelare l’inviolabile libertà di ciascuno.

Ma il nuovo Santo fu anche un grande promotore di unità ecclesiale. Egli dimostrò con l’esempio che la diversità dei carismi non significa opposizione, che le differenze non devono generare contrasti. Nella vita della Chiesa, tutto è patrimonio di tutti. Pluralità non è divisione né conflitto tra le parti. L’unità della Chiesa è armonia nelle differenze, comunione nella molteplicità».

Vien spesso sottolineata la modernità dell’intuizione di Escrivá nell’aver scoperto il ruolo dei laici con quattro decenni d’anticipo rispetto al Concilio. E’ d’accordo?
«Indubbiamente, il messaggio principale di Josemaría Escrivá è stato di aver messo in rilievo, con forza, la chiamata universale della santità, come una vera e propria esigenza della vocazione battesimale. Tutti i fedeli, indipendentemente dalla posizione e dal ruolo che essi hanno nella Chiesa, sono chiamati a essere santi. L’invito di Gesù - "siate perfetti come il Padre celeste è perfetto" - è rivolto a tutti i credenti in Lui. La santità cristiana non è, pertanto un lusso, un privilegio solo di alcuni, ma un dovere stringente di tutti. Questo messaggio del Beato Escrivá è stato ribadito dal Concilio Vaticano II, nella “Lumen gentium". Le vie per raggiungerla sono, ovviamente, diverse».

Tutti coloro che hanno avvicinato don Josemaría sono stati colpiti dal suo fascino. Lei che ha studiato tutte le testimonianze del processo, come spiega questa capacità di attrattiva, specie tra i giovani?
«Tale fascino proveniva e si alimentava dal suo dono straordinario di saper parlare alla gente, toccandone contemporaneamente il cuore e la volontà, l’intelligenza e la condotta. Difficile per giovani e adulti, per intellettuali e operai, per ricchi e poveri, per sani e malati, sottrarsi a quel modo suggestivo di parlare, di invitarti rispettando la tua libertà ma, allo stesso tempo, mostrandoti l’incongruenza di scelte diverse da quelle ispirate a Cristo e al suo Vangelo».

 

 

 

Josemaría Escrivá