Risposta dell'on. Azzaro

GIUSEPPE AZZARO - Non credo di avere molto da replicare (anzi, nulla) alla risposta ampia, esauriente e - per usare le stesse parole dell'onorevole Petruccioli - meditata e ricca, fornita dall'onorevole ministro.

Desidero peraltro aggiungere un sincero ringraziamento, la mia gratitudine che esprimo, come cittadino di questa Repubblica, al minostro, che ha voluto dedicare al problema una risposta così ampia, meditata e ricca, come poche volte si era sentito in quest'aula. Ed ha fatto benissimo a farlo, perché la materia coinvolge i diritti dei cittadini italiani, esplicitamente e solamente riconosciuti dalla Costituzione: il diritto di associarsi e il diritto di professare liberamente la propria fede religiosa. Ha fatto benissimo, perché in questo specifico caso era posta in causa non soltanto la libertà di professare la propria fede religiosa, ma addirittura il rapporto tra Stato e Chiesa, ognuna di queste due entità libera nella propria sfera e nella propria sovranità di esercitare il proprio diritto.

Noi certamente, onorevoli colleghi, con il nostro sindacato ispettivo, non possiamo imporre la tolleranza, estirpare l'odio ideologico, né impedire inique e diffamatorie campagne di stampa. Possiamo però difendere il diritto dei cittadini dalla aggressione che viene perpetrata, dfa una stampa senza scrupoli e per motivi finora non emersi.

Debbo fare una differenza tra le prese di posizione della stampa (di una parte della stampa, non tutta fortunatamente) e la posizione che hanno assunto i parlamentari interpellati. Sono tra il perplesso e l'indignato, per questa campagna denigratoria e di diffamazione. Ciò non perché essa sia stata sollevata, giacché la stampa può, ed anzi deve, in certo qualmodo, segnalare deformazioni e storture del nostro vivere civile. L'indignazione e la perplessità provengono dal fatto che la denuncia era senza fondamento e senza prove.

E' stata affermata solennemente la segretezza dell'Opus Dei, ma non dimostrata. E' stata utilizzata una sorta di indagine retrospettiva su documenti insesistenti, che comunque non contenevano le deformazioni denunciate e che comunque erano stati abrogati da altre, sopravvenute disposizioni: tutto questo, chiunque scriva su una materia tanto delicata deve pur conoscere.

Distinguo, come dicevo, tra le posizioni di questo tipo, assunte dalla stampa, e le posizioni dei parlamentari che, invece, proprio in conseguenza di quella campagna di stampa, hanno chiesto al ministro notizie e chiarimenti: ognuno di noi, infatti, ha il dovere e il diritto di intervenire, quando viene sollevata, così clamorosamente, una questione di sicurezza dello Stato e di libertà dei cittadini.

Insieme a questo diritto vi è, però, il dovere di porsi in ascolto, come ha fatto il collega intervenuto prima di me, l'onorevole Petruccioli, il quale ha mantenuto certo le sue posizioni, ma ha dovuto riconoscere che il ministro aveva perfettamente ragione quando ha ritenuto che non vi fosse alcunché da indagare, anzi che dovere del Governo era di non indagare nei confronti dell'Opus Dei, in quanto quella associazione non è segreta, non persegue fini di segretezza o di clandestinità e, quindi, non ricade sicuramente all'interno delle previsioni di cui all'articolo 1 della legge n. 17 del 1982.

Ai colleghi che sono intervenuti su questa materia, proprio perché sono sicuro della loro buona fede, vorrei consigliare di guardare più da vicino associazioni di tal genere, specialmente l'Opus Dei, per rendersi conto che non vi è, come ha affermato poco fa l'onorevole Petruccioli, un vivere attraverso l'associazione; che questa è una forma nuova, moderna, se vogliamo di religiosità; ma che i membri dell'Opus Dei non sono annullati all'interno dell'associazione, come se la religiosità fosse espressa dalla associazione e non, invece, dal singolo membro.

La verità è che vi sono forme nuove di spiritualità (una è quella introdotta dall'Opus Dei), che bisogna rispettare, anche nel loro svolgimento, nel loro essere diverse da altre forme di spiritualità.

Quella della prelatura personale non è altro che una forma giuridica, cioé una struttura gerarchica della Chiesa che raduna sacerdoti e laici sotto la giurisdizione di un prelato per raggiungere scopi di natura spirituale, ma di una spiritualità che aveva bisogno di tale forma giuridica perché essa non era prevista né prevedibile nel codice di diritto canonico del 1917, che contemplava forme tradizionali di congregazione religiosa, e che riguardava famiglie religiose legate non solo dallo stesso indirizzo di spiritualità, ma anche da regole comuni che avevano i voti come punto di riferimento; soprattutto famiglie che avevano non solo una loro territorialità, ma anche una loro composizione specifica di congregazione religiosa.

Nel 1928, quando sorse questa nuova forma di spiritualità, la Chiesa certamente non era ancora pronta a fornire tale forma giuridica nuova. Non era immaginabile che qualcuno affermasse che vi era una vocazione universale alla santità, che occorreva santificare il lavoro ordinario, il lavoro quotidiano e che, quindi, era possibile raggiungere il fine di tutti i cristiani, cioé la santità, più che attraverso l'aggregazione in una famiglia religiosa, attraverso la santificazione del lavoro ordinario, ovvero vivendo nel mondo, come ogni cittadino vive.

Per questo vi era bisogno di una forma giuridica nuova, che comprendesse, cioé, tanto i sacerdoti quanto i laici nella stessa congregazione. Tutta la storia dell'Opus Dei oltre che quella dello sviluppo di questa apiritualità non consiste in altro che nella ricerca di tale forma giuridica nuova, che viene finalmente con la prelatura personale nel 1982.

Non vi è, quindi, questo vivere religiosamente all'interno di una associazione. Vi sonoi membri dell'Opus Dei che vivono la loro propria personale spiritualità e religiosità, vivendo nelle loro famiglie o dedicandosi ad attività sociali o ancora lavorando, come fa ogni cristiano, ma con un indirizzo di spiritualità specifico, che è quello conforme allo spirito dell'Opus Dei.

Queste nuove forme di spiritualità hanno avuto bisogno di questa nuova forma giuridica e la forma giuridica che si è concretata nella costituzione apostolica del 28 novembre 1982 oltre a creare la prelatura personale (la prima nella storia della Chiesa) ha posto anche delle regole, precisamente indicate e descritte dal ministro e che certamente non ripeterò.

Non vi è, quindi, alcuna possibilità di pensare che vi possa essere segretezza e clandestinità quando nel "Codex iuris particularis" è scritto che la prelatura personale rifugge dalla segretezza e dalla clandestinità a meno che non si voglia, onorevole Petruccioli, la probatio diabolica, per cui si chiede una dimostrazione che è impossibile dare.

Non citerò le dicharazioni e i colloqui che pure dovrebbe conoscere chi si interessa di questa società, che certamente non ha detto ancora l'ultima parola e che probabilmente dovrà ancora espandersi in Italia e nel mondo, così come si dovrebbero conoscere i canoni fondamentali su cui poggia tutta intera la spiritualità della società stessa.

L'ambito di attività del membro dell'Opus Dei è assolutamente libero. E' stato detto da qualche parte che l'Opus Dei imporrebbe addirittura il confessore ai suoi aderenti, come se si dovesse percorrere una spiritualità imposta da qualcun altro, anche se la vita spirituale è una richiesta che il membro candidato dell'Opus Dei fa nel momento in cui entra all'interno della società. E' evidente che l'atto di adesione è un atto di garanzia reciproca tra la prelatura e il membro dell'Opus Dei; ambedue si impegnano, entrando, il membro dell'Opus Dei, a farne parte, ad una spiritualità che è improntata a quello spirito.

Sarebbe veramente strano se gli impegni he liberamente si assumono fossero scambiati con un obbligo, con una costrizione così come purtroppo abbiamo sentito dire da parte di persone che avevano forse mal compreso la spiritualità cui avevano chiesto di aderire.

Quindi, piena libertà all'interno di questa che non è un'associazione, ripeto, che non si muove fuori dalla Chiesa. Nella Costituzione apostolica Giovanni Paolo II definisce l'Opus Dei come "un valido ed efficace strumento della missione salvifica della Chiesa cattolica". L'Opus Dei non è un'associazione, ma una porzione della Chiesa cattolica; è la Chiesa stessa che si muove anche attraverso questo strumento, come l'ha definito il Santo Padre.
Ecco perché non vi è bisogno della richiesta di elenchi. Sentivo dire dall'onorevole Petruccioli: "Ma che cosa sarebbe quel "legittimamente" richiesto". Significherebbe forse che vi è una limitazione della sovranità dello Stato nel chiedere questi elenchi? La parola "legittimamente" non si deve intendere in questo senso.

Come del resto il ministro ha detto nella sua risposta, la legge di pubblica sicurezza, che prima consentiva alle autorità di pubblica sicurezza di chiedere elenchi, non esiste più. "Legittimamente" significa che nel momento in cui si richiede l'elenco degli appartenenti ad un'associazione, lo si deve fare attraverso uno strumento che lo consenta; altrimenti cadremmo sicuramente nella discrezionalità e nell'arbitrio. Questo non significa riconoscere un limite alla sovranità dello Stato. Se il ministro, indagando e approfondendo la problematica relativa all'Opus Dei, avesse avuto il dubbio che vi fossero elementi di segretezza e di clandestinità, sicuramente avrebbe ricercato ed ottenuto i documenti necessari per accertare se vi fosse o meno pericolo per lo Stato.

Ecco perché, onorevoli colleghi, noi dichiariamo la nostra piena soddisfazione per quello che il ministro ha detto. Credo che, più che altro, oggi abbiamo scritto insieme una pagina di maturità nella nostra democrazia, pur dedicata ad un problema tanto delicato. Attraverso la scrupolosa indagine che il Governo ha fatto in questa materia, possiamo dire che usciamo più forti, come nazione, come popolo, nella difesa dei diritti dei nostri concittadini (Applausi al centro - Congratulazioni).