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Data: 13/07/2005
Autore: -
Fonte: www.opusdei.it
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Intervista a Marlies Kücking, dell’Assessorato Centrale dell’Opus Dei

Pubblichiamo un intervista che Marlies Kücking ha concesso a Zenit, in occasione del 30° anniversario del transito in Cielo di san Josemaría. Nata a Colonia, laureata in filologia germanica e inglese a Bonn e a Colonia, ha lavorato col Fondatore dal 1964 fino alla sua morte. Illustra la funzione del governo centrale di questa Prelatura personale.

Lei è certamente la donna che occupa la carica più importante dell’Opus Dei. Il fatto che lei sia comunque poco conosciuta al di fuori dell’organizzazione risponde ad una strategia, come quella di san Josemaría, di nascondersi e scomparire per non creare personalismi?
Il governo dell’Opus Dei, in ogni suo grado e quindi anche nel Assessorato centrale del quale faccio parte, si basa sulla collegialità. Ognuno dei suoi componenti è responsabile di determinati compiti - che non qualificherei come più o meno importanti - che vengono svolti in modo coordinato, attraverso uno studio serio e responsabile di questioni nelle quali, a seconda dell’importanza, intervengono diverse persone, e mai meno di tre.

Questo modo di procedere - che sono convinta è stata una grazia speciale di Dio che san Josemaría ha ricevuto agli albori dell’Opus Dei - evita sia la tirannia di un governo personalista sia la possibilità di nascondersi comodamente nell’anonimato.

Occorre forse ricordare che quando nell’Opus Dei si parla di cariche di governo, si fa riferimento ad un compito che ha una finalità eminentemente spirituale: quella di dare formazione cristiana. L’Opus Dei, diceva il suo fondatore, è “una grande catechesi”.

Si tratta di fare in modo che i fedeli della Prelatura, i collaboratori e le migliaia di persone che sono vicine all’Opus Dei, possano avere accesso ai mezzi che gli consentono di vivere con coerenza la propria fede in mezzo al mondo, di facilitare il loro incontro con Cristo nelle attività professionali, familiari e sociali. Questo esige, come è facile immaginare, un minimo di coordinamento e di organizzazione. È lì che entra in gioco la responsabilità di governo a cui accennavo.

Come funziona il governo dell’Opera? Qual è il ruolo dei Direttori generali e in particolare il suo ruolo?
Il mio compito, insieme a quello di altre Direttrici generali, consiste nell’informare il Prelato delle questioni relative al lavoro apostolico dell’Opus Dei svolto fra le donne di tutto il mondo, illustrare lo studio di nuove iniziative, nonché nel trovare delle soluzioni alle molteplici questioni che giungono dai diversi Paesi in cui lavora la Prelatura e da altri luoghi dove sono presenti i fedeli dell’Opus Dei.

Dicevo prima della collegialità nel governo e vorrei aggiungere un altro aspetto strettamente legato a questo: la decentralizzazione e il rispetto della libertà e dell’autonomia nell’Opus Dei a livello regionale e locale. All’interno di un medesimo spirito, comune a tutti i fedeli della Prelatura e valido sempre, occorre tenere conto della diversità delle mentalità, del grado di sviluppo di una società o del lavoro apostolico della Prelatura.

Lavorare in luoghi come il Giappone, la Svezia o il Portogallo spesso implica diversità notevoli; cosa che avviene ad esempio persino tra la Catalogna e l’Andalucia.

Lei si sente come la manager di una multinazionale, come la madre di una famiglia numerosa, come la collaboratrice di un Vescovo o come una compagna o sorella di altre 45.000 donne che appartengono alla Prelatura?
In realtà non mi sono mai posta la questione. Certamente non mi vedo come una manager. “L’Opus Dei è un pezzettino di Chiesa”, diceva san Josemaría. E nella Chiesa la carità è un elemento fondamentale; la premura gli uni verso gli altri, per amore di Dio. Nella Prelatura ci vogliamo molto bene: condividiamo le nostre gioie e i nostri dolori, cerchiamo di stare vicini alle persone che per malattia, stanchezza, ecc., hanno bisogno di maggior aiuto.

Questa responsabilità - che definirei gioiosa - è naturalmente propria anzitutto del Prelato e, con lui, dei Direttori e delle Direttrici, ovunque essi si trovino.

Si sta avvicinando il 30º anniversario della morte del fondatore dell’Opus Dei. Lei ha detto in qualche occasione di essere stata colpita dalla “premura materna” di questo santo. A cosa si riferiva?
San Josemaría era per le sue figlie e i suoi figli, e per tutte le persone che aveva vicino, come un padre e una madre. Come una madre, anche a lui gli bastava vedere il volto di qualcuno per rendersi conto che magari non stava bene, che era dimagrito, che era aggravato da qualche preoccupazione; partecipava alle gioie e ai dolori altrui; sapeva sollecitare le cose più sensibili nelle persone, conosceva i gusti di ciascuno.

Ma il suo non era un amore sentimentale: come una buona madre, anche lui sapeva essere forte e correggere quando era necessario. Lo faceva con assoluta chiarezza e al contempo con infinita tenerezza.

Posso affermare - e non solo per esperienza mia personale - che dopo questo tipo di dialogo con lui, si rimaneva molto riconoscenti. Non era infrequente, poi, che dopo qualche ora o il giorno seguente, egli riservasse per quella persona un’attenzione particolare, perché fosse ben chiaro che “non era successo niente”.

 

 

 

Josemaría Escrivá