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Data: 06/10/2002
Autore: M. Muolo
Fonte: Avvenire
Editore: -

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Santa quotidianità

Alla parete dell'anticamera c'è un quadro che raffigura Gesù da ragazzo, mentre aiuta san Giuseppe a tagliare alcune travi. L'arcivescovo Julián Herranz lo indica e dice: «Quando lo guardo, penso che anche così il Signore redimeva».

Il presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi ha appena finito di parlare del beato Escrivá de Balaguer, che oggi il Papa proclamerà santo. Un'intervista sul filo dei ricordi - lui che lo ha conosciuto personalmente e che proprio per rispondere a un «invito» di Balaguer venne a lavorare al Concilio come giovane canonista, rimanendo da allora al servizio della Santa Sede - senza però perdere di vista l'insegnamento e l'attualità del fondatore dell'Opus Dei.

E quel quadro sembra riepilogarli perfettamente. Santificarsi attraverso il lavoro e la vita di tutti i giorni. «Proprio il cuore del messaggio di monsignor Escrivá», ricorda l'arcivescovo spagnolo, che ha 72 anni e dal 1994 è a capo del dicastero che si può considerare come una sorta di Corte Costituzionale della Chiesa. «Egli amava dire che questo suo insegnamento "è vecchio come il Vangelo e, come il Vangelo, nuovo"».

In che senso? Vecchio come il Vangelo, perché a tutti i cristiani, senza eccezione, il Signore ha detto: "Siate perfetti come è perfetto il Padre mio che è nei cieli". Nuovo come il Vangelo, perché per svariati motivi si erano col passare del tempo affievolite nella vita dei fedeli, le esigenze ascetiche e apostoliche insite nel Battesimo.

"Josemaría Escrivá - disse nel 1992 il cardinale Ratzinger - ha scosso la coscienza dei cristiani per liberarli da questa apatia spirituale". Per lo stesso motivo il Concilio Vaticano II sentì il bisogno di richiamare con chiarezza la vocazione universale alla santità nella Chiesa. Ricordo benissimo - io abitavo con lui - con quale profonda gioia e ringraziamento al Signore monsignor Escrivá accolse la promulgazione della Costituzione Lumen gentium.

Ed è una felice coincidenza che la sua canonizzazione avvenga a 40 anni dall'inizio del Concilio. Lei che ha avuto modo di conoscerlo personalmente, come lo descriverebbe? Mi è stata fatta la stessa domanda quando sono andato a deporre per il suo processo di canonizzazione. Il presidente del tribunale mi chiese di farne una biografia "in tre parole".

Dopo un attimo di stupore, io risposi: "Me ne basta una sola: innamorato!". Innamorato di Cristo, e innamorato del mondo. Escrivá ricorda che tutti i luoghi della quotidianità possono "trasformarsi in altrettanti luoghi di incontro con il Signore".

Qual è il segreto per una simile trasformazione? Egli diceva che "c'è ; un qualcosa di santo nascosto nelle situazioni più comuni", qualcosa che tocca a ognuno di noi scoprire. Infatti, oltre alle speciali chiamate alla vita sacerdotale e religiosa, Dio chiama la generalità dei cristiani a santificarsi e a fare apostolato nelle quotidiane realtà della vita ordinaria degli uomini: il lavoro, la famiglia, le relazioni sociali.

Dio è li, in queste realtà, che sono state create da Lui e da Cristo, perfetto Dio e perfetto uomo, vissute e santificate: basta pensare agli anni della sua vita a Nazaret. Tutte queste realtà non è che si debbano "trasformare", nel senso di creare una specie di "ecosistema cristiano", al margine del resto della società: si debbono piuttosto "scoprire" nella loro dimensione divina, come luoghi cioè dell'incontro personale con Dio, con la sua volontà, con il suo amore.

Cristo non può essere confinato tra l e mura delle chiese, dei conventi o nelle sagrestie. E Josemaría Escrivá previene i fedeli contro la tentazione di condurre una "specie di doppia vita". Appunto perché Dio ha voluto che lavoro, famiglia, impegni sociali, artistici, politici, sportivi siano occasione e mezzo di santità e di apostolato. Eppure proprio il mondo del lavoro è attraversato oggi da mille tensioni.

Che cosa direbbe oggi Escrivá, di fronte a questi fenomeni? Forse direbbe: queste "crisi mondiali" sono "crisi di santi". Non proporrebbe soluzioni concrete, che spettano alla libertà dei cittadini. Ma spingerebbe fortemente a diffondere l'ideale della santità tra imprenditori, sindacalisti, studiosi del mondo del lavoro. E lo farebbe in modo molto concreto, con quel suo "materialismo cristiano" del quale parlava ogni tanto: incoraggiando tutti a cercare giuste soluzioni concrete ai problemi reali, non solo belle parole.

Il mondo del lavoro s ta diventando sempre più centrale nella società, con grandi ripercussioni nella vita familiare e nella cultura. Ci vogliono molti cristiani che si diano da fare per umanizzare ed evangelizzare questo mondo, dal di dentro, rispettando la giustizia - che esige porre la dignità della persona umana al centro di ogni ordinamento giuridico o sistema economico - e lavorando bene, con competenza professionale e spirito di servizio.

A chi non lo conosce, come consiglia di avvicinarsi a questa figura di santo dei nostri giorni? Ci sono tanti mezzi per conoscerlo bene: i suoi libri, innanzitutto, a cominciare da Cammino, il più conosciuto. Esistono anche varie biografie, e segnalo in particolare Il fondatore dell'Opus Dei, di Andrés Vázquez de Prada.

Ci sono dei filmati che lo mostrano dal vivo. Io consiglio anche di rivolgersi a lui nella preghiera: la mia espe rienza è che non è di quelli che si nascondono, anzi è sempre ben contento di poter dare una mano a chi sollecita la sua intercessione.

 

 

 

Josemaría Escrivá