Totus Tuus, portale di cattolici

 

Per stampare
Versione solo testo
Formato PDF

 

 

Data: 06/10/2002
Autore: G. Cavalli
Fonte: Il Corriere della Sera
Editore: -

Argomenti correlati:
Le news
L'archivio delle news

Aldegunda Esperanza Chumpitaz ha fritto cinquemila ciambelle...

Aldegunda Esperanza Chumpitaz ha fritto cinquemila ciambelle in nome del beato Josemarìa. Si chiamano picarones: farina, zucca, lievito e olio. Da gennaio ogni mattina si è alzata all’alba ed è partita con il suo carretto per il mercato della Piazza d’Armi di San Luis, provincia di Canete, a 144 chilometri da Lima, Perù.

Finchè non ha avuto i soldi per il biglietto, un letto (altre duemila ciambelle) e un posto prenotato per stamattina davanti a San Pietro. «Devo ringraziare sant’Escrivà per i tanti favori che mi ha concesso e in modo speciale per la guarigione di mia madre che si era ustionata gravemente ed era in fin di vita», racconta. «L’ho conosciuto a Valle Grande nel 1974: da lui ho imparato che la fede muove le montagne e che è nel lavoro di ogni giorno che dobbiamo trovare Dio».

Ciambella fritta dopo ciambella fritta, Aldegunda (che nei fine settimana ha fatto anche le pulizie nelle case al mare) è arrivata a Roma. Come Xavier Roho, di Ticuman, Argentina, che si è autofinanziato intagliando oggettini con foglioline dorate. Ha scritto all’Opus Dei chiedendo se per caso qualche altro poteva venire a smerciarlo qui, per strada. «O mi mandano via?».
A casa Isorna, famiglia numerosa di Santiago di Compostela, in Spagna, tutti hanno contribuito a pagare il biglietto.

Papà Javier ha cucinato chili di filloas (frittatine tipiche della Galizia), mamma Natividad ha fatto i biscotti e dato lezioni private, la figlia sedicenne Chus ha assistito una signora anziana, la sorella Paola si è prestata come baby sitter. Ce l’hanno fatta, Josemarìa Escrivà non diventerà santo senza di loro. E senza Josefìna, 65 anni, una signora argentina con 8 figli e 21 nipoti. Era già venuta a Roma nel 1992 per la beatificazione di Josemarìa, con il marito. Stavolta, con la crisi che c’è, non aveva i soldi. I figli le hanno fatto una sorpresa, regalandole il viaggio.

Ad ospitarla ci pensa Anna Maria Di Muzio, 72 anni, devota dell’Opus Dei, che le ha aperto la porta della sua casa (come altri 950 romani che hanno ospitato circa 2.000 pellegrini). «Questo è un dono del Cielo», dice commossa Josefìna. «Roma me encanta siempre».

Venire qui ad ogni costo. Se l’è messo in testa Miguel Chigulchon, un giardiniere del Guatemala. Per sette mesi, ogni sabato pomeriggio, dopo una giornata di lavoro, ha fatto gli straordinari lavando le automobili a domicilio. Missione (santa) compiuta. Samuel lavora in un’università del Kenia. Ha messo insieme i soldi per il viaggio organizzando feste per i bambini. Si è fatto aiutare dai fratellini. E’ venuto come volontario. Con lui ci sono anche Alaxander, studente all’ultimo anno di liceo e Nadar, studente in Economia. Uno è israeliano, l’altro palestinese, uno è cattolico, l’altro ordodosso. Sono amici, hanno viaggiato insieme.

Altre storie, altri piccoli miracoli. Anja e le sue amiche sono partite in auto da Mosca. Arturas ha riempito 3 pullman dal Baltico. Da Tallin a Roma ci hanno messo 3 giorni. Senza soste, perchè non avevano soldi per pagare l’albergo.

David Gesten dalla Virginia non è potuto venire. Ma è contento lo stesso, il beato Escrivà lo ha benedetto comunque. Sua moglie aspetta 3 gemelli, la cerimonia se la vedranno in tv.

 

 

 

Josemaría Escrivá