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Data: 08/01/2002
Autore: A. Tornielli
Fonte: Il Giornale
Editore: -

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Escrivá, la grandezza di essere santi nella vita di ogni giorno

Cardinali e vescovi, ministri ed ex ministri, politici di centro di destra e di sinistra, magistrati e uomini di cultura insieme a 1.200 delegati provenienti da 57 dei 65 paesi dove l'Opus Dei è diffusa. Tutti riuniti per celebrare il centenario della nascita di Josemaría Escrivá de Balaguer, il beato che fra pochi mesi Giovanni Paolo II proclamerà santo.

Tutti ad ascoltare, in religioso silenzio, la presentazione della figura del Padre fondatore tracciata dal suo secondo successore, il prelato Javier Echevarría, che di Escrivá fu segretario. Nel complesso monumentale di Santo Spirito in Sassia, a due passi da via della Conciliazione, l'inizio dei lavori del congresso internazionale intitolato "La grandezza della vita quotidiana" è scandito da una preghiera, un'Ave Maria in quella che fu la lingua internazionale della Chiesa, il latino.

La intona monsignor Echevarría e dal parterre rispondono non soltanto politici che si sentono perfettamente a loro agio tra porpore e sacri palazzi, come Giulio Andreotti o il ministri Rocco Buttiglione, ma anche insospettabili fan dell'Opera come il diessino Cesare Salvi.

In che cosa consiste il messaggio del sacerdote spagnolo nato cent'anni fa a Barbastro, una località ai piedi dei Pirenei.
"Dovete comprendere - diceva Escrivá in un'omelia del settembre 1967 all'università di Navarra, intitolata "Amare il mondo appassionatamente"- che Dio vi chiama per servirlo nei compiti e attraverso i compiti civili, materiali, temporali della vita umana: in un laboratorio, nella sala operatoria di un ospedale, in caserma, dalla cattedra di una università, in fabbrica, in officina, sui campi, nel focolare domestico e in tutto lo sconfinato panorama del lavoro".

"Dio ci aspetta ogni giorno - aggiungeva - sappiatelo bene: c'è qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più comuni, qualcosa che tocca a ognuno di voi scoprire".

Queste parole, che ben sintetizzano l'intuizione originaria del fondatore dell'Opus, hanno offerto al vescovo Echevarría lo spunto iniziale della sua relazione. "E' abituale - ha detto il prelato - contemplare la vita quotidiana, quella che si presenta nella semplicità e nella normalità di ogni giorno, come il luogo e il tempo di ciò che ha poco valore, di ciò che rappresenta solo ripetizione e monotonia, di ciò che manca di significati trascendenti.

La religione stessa, la relazione con Dio, è stata vista come un uscire dalla quotidianità, come un compiere azioni straordinarie, lontane dall'esperienza concreta". "Dio resta dunque fuori dalla vita quotidiana - ha aggiunto - che finisce per essere identificata con il profano. Ancora oggi, ampi strati della cultura dominante considerano la vita quotidiana come qualcosa di opposto a ciò che fa sorgere grandi uomini e grandi donne, la identificano con un ostacolo alla libertà personale e alla propria realizzazione".

Al contrario, il messaggio di Escrivá è centrato sulla chiamata universale alla santità, proprio nelle circostanze della vita ordinaria, ed è una chiamata rivolta a tutti, in qualunque condizione vivano e qualsiasi professione svolgano, senza distinzioni. "Dà una motivazione sovrannaturale alla tua occupazione professionale - ha detto Echevarría citando il fondatore - e avrai santificato il tuo lavoro".

La relazione introduttiva è stata anche l'occasione per sottolineare alcune peculiarità dell'Opera, come il rispetto per il pluralismo e l'autonomia delle realtà terrene. "Noi amiamo il pluralismo - ha detto il prelato -, il pluralismo è voluto e amato dall'Opus Dei, non semplicemente tollerato, e meno che mai osteggiato. I fedeli dell'Opera possono difendere e di fatto difendono posizioni anche opposte in tutto ciò che è opinabile nella vita di un Paese".

Parole pronunciate per sfatare l'immagine spesso evocata dai media di un'Opus Dei monolitica e influente, che agisce come lobby di potere. Per descrivere l'attualità del pensiero del beato, è stato scelto uno storico che non appartiene all'Opera, Giorgio Rumi. Lo studioso, nella seconda parte del convegno, ha sostenuto che "il pensiero di Escrivá innova radicalmente mezzo millennio di atteggiamento verso il "mondo", superando l'abituale concezione del lavoro come castigo, e mostrando tutto il valore civile e religioso dell'attività umana".

Rumi, paragonando il fondatore dell'Opera a don Primo Mazzolari, ha infine ricordato che Escrivá ha ben spiegato come l'essere "poveri" non significhi soltanto non avere ricchezze, ma anche essere distaccati da esse. E questo "distacco" viene proposto e insegnato dall'Opus Dei ai tanti vip che entrano in contatto con lei.

 

 

 

Josemaría Escrivá