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Data: 09/01/2002
Autore: card. Camillo Ruini
Fonte: -
Editore: -

Omelia della S. Messa del centenario

Carissimi fratelli e sorelle,
lo Spirito Santo con la forza del Vangelo fa ringiovanire la Chiesa e continuamente la rinnova (1). Riempita col dono del Paraclito, la Chiesa è santa e “questa santità della Chiesa costantemente si manifesta e si deve
manifestare nei frutti della grazia lo Spirito produce nei fedeli” (2).

Mi sembra opportuno ricordare queste espressioni della Costituzione dogmatica Lumen gentium proprio oggi, in occasione del centenario della nascita del Beato Josemaría Escrivá. Infatti, è evidente che la sua vita e l'Opus Dei da lui fondato sono un chiaro segno dell'azione vivificatrice dello Spirito Santo nella Chiesa, uno dei frutti cospicui operati dal dinamismo della grazia nella storia, aiutando tutti i cristiani a percorrere la strada della santità in mezzo al mondo, nella santificazione del lavoro professionale e dei doveri quotidiani, familiari e sociali.

Giustamente nel decreto sull'eroicità delle sue virtù si dichiarava che il Fondatore dell'Opus Dei ha diffuso questo messaggio “in profetica consonanza con il Concilio Vaticano II”, impegnandosi sin dalla fine degli anni venti quale “autentico precursore della solida unità della vita cristiana” (3).
Si tratta di una dottrina che sprigionava allora sconfinate potenzialità per il ruolo dei laici nella Chiesa e che conserva tuttora, e più che mai, la sua forza e la sua urgente attualità. Come ha scritto Giovanni Paolo II, il Beato Josemaría “portò sacerdoti e laici, uomini e donne di ogni condizione, a trovare nelle occupazioni quotidiane l'ambito della propria corresponsabilità nella vita della Chiesa. in pienezza di dedizione a Dio nelle circostanze ordinarie della vita secolare. [...] Egli non si limitò, infatti, a descrivere le prospettive pastorali che questo capillare impegno di evangelizzazione dischiudeva, ma lo configurò anche come realtà appartenente alla natura stabile e organica della Chiesa” (4).

È proprio questo l'aspetto della vita e del ruolo ecclesiale del Beato Josemaría sul quale vorrei adesso soffermare la nostra attenzione. Abbiamo ascoltato nel Vangelo l'invito perentorio di Gesù: “Duc in altum! - Prendi il largo” (5).
È un'esortazione che sta risuonando da diversi mesi nei nostri cuori, dopo che ci è stata ripetuta dal Santo Padre all'inizio del nuovo millennio, spronando noi tutti ad avventurarci con speranza e confidando nell'aiuto di Cristo nell'oceano vasto di questa nuova epoca (6). Dinanzi a tale prospettiva, lo spirito predicato e testimoniato per ispirazione divina dal Beato Josemaría Escrivá è un sicuro riferimento per addentrarsi efficacemente lungo le strade del terzo millennio senza perdere di vista la prima e la più fondamentale delle “priorità pastorali” (7) segnalate da Giovanni Paolo II a tutta la Chiesa, ovvero la santità.

Viene qui indicato un compito indispensabile, basilare ma nel contempo arduo: scuotere le anime di tutti i fedeli dall'assuefazione alla mediocrità, ammonirle sulla sterilità di una religiosità superficiale, metterle in guardia contro l'incoerenza tra i contenuti della fede e la condotta quotidiana.
È un compito che coinvolge in primo luogo i Pastori, i quali devono assumerlo con la convinzione della fede e metterlo alla base della loro azione pastorale. Ebbene, penso che la figura del Beato Josemaría Escrivá sia un faro orientatore. Fondo tale persuasione proprio sul fatto che, come ha affermato il Santo Padre, l'esempio, gli insegnamenti e l'opera del Beato sono “un'eminente testimonianza di eroismo cristiano nell'esercizio delle comuni attività umane" (8).

Ben a ragione, quale tema per il Congresso Internazionale che si sta svolgendo in questi giorni a Roma, in occasione del suo centenario, è stato scelto quello della "Grandezza della vita quotidiana", perché esso prende in esame il nucleo vitale dei suoi insegnamenti. Si tratta di un argomento dalle molteplici virtualità, che è imperniato sull'intuizione soprannaturale del Fondatore dell'Opus Dei secondo la quale ognuno di noi è chiamato a scoprire “quel qualcosa di divino nascosto nei particolari" (9), "nascosto nelle situazioni più comuni" (10): le circostanze ordinarie della nostra vita sono allo stesso tempo una chiamata di Dio e il luogo dell'incontro con Lui, giacchè lo Spirito divino parla al cuore dell'uomo ininterrottamente. La scoperta della dimensione divina che eleva le realtà umane, non è una meta riservata a pochi o un risultato felice ma fugace; è un obiettivo cui deve tendere, con l'aiuto della grazia, ogni fedele cristiano, acquistando in modo permanente una nuova prospettiva su quanto lo circonda. È un obiettivo necessario perché occorre evitare la tentazione “di condurre una specie di doppia vita: da una parte, la vita interiore, la vita di relazione con Dio; dall'altra, come una cosa diversa e separata, la vita famigliare, professionale e sociale, fatta tutta di piccole realtà terrene” (11).

Questo pericolo resta, malgrado tutto, ancora incombente, perché anche il contesto culturale odierno induce a privilegiare l'attivismo, l'efficacia organizzativa. A volte, poi, gli stessi problemi quotidiani, con il loro assillo,
possono far relegare in un piano secondario e isolato la vita di pietà, il rapporto con Dio. Ci giova, pertanto, riconsiderare che “vi è una sola vita, fatta di carne e di spirito, ed è questa che deve essere - nell'anima e nel corpo – santa e piena di Dio: questo Dio invisibile, lo troviamo nelle cose più visibili e materiali” (12).

Queste parole appaiono particolarmente in sintonia con il tempo liturgico di Natale, lungo il quale abbiamo meditato le folgoranti parole di san Giovanni: “II Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (13). Con l'incarnazione della seconda persona della Santissima Trinità, Dio, trascendente e invisibile, si è reso accessibile e visibile, assumendo tutto ciò che è umano tranne il peccato (14). In Cristo, il Figlio di Dio si è unito in qualche modo ad ogni uomo, al suo lavoro, ai suoi pensieri, alle sue azioni, al suo amore (15), mostrando che anche le occupazioni piccole e apparentemente banali possono avere un valore divino. Il Verbo “si è fatto veramente uno di noi” (16) per fare di noi figli di Dio, indicandoci la via della santità.

Su questa implicazione della santità cercata come identificazione con Cristo, il messaggio del Beato Josemaría è specialmente illuminante. La sua insistenza sulla necessità di raggiungere un'ininterrotta unione con Dio schiude un panorama inesauribile: “Dall'approfondimento della scienza più astratta, all'abilità manuale degli artigiani, tutto può e deve condurre a Dio. Non c’è lavoro umano che non sia santificabile, che non sia occasione di santificazione personale e mezzo per collaborare con Dio alla santificazione di coloro che ci circondano. (...) Il lavoro così fatto è orazione. Lo studio così fatto è orazione. La ricerca scientifica così fatta è orazione. Tutto converge verso una sola realtà: tutto è orazione, tutto può e deve portarci a Dio” (17). Così sarà possibile cambiare la società dall'interno e agire in essa con l'impegno di chi cerca di arrivare “allo stato di uomo perfetto, nella misura che conviene alla piena maturità di Cristo" (18).

Contemplare Gesù e identificarsi con Lui significa conformare la propria vita alla condizione di figli di Dio, secondo la bella espressione di San Paolo: “finchè non sia formato Cristo in voi!" (19). Il Beato Josemaría ha percepito in modo vivissimo il senso della filiazione divina e lo ha messo a fondamento dello spirito dell'Opus Dei (20). Penso che la sua predicazione al riguardo offra un contributo di notevole rilievo alla spiritualità e alla teologia in generale. Ne voglio sottolineare soprattutto la capacità di conferire un tono eminentemente positivo all’azione apostolica per ricristianizzare la società. Infatti, il cristiano sa che deve ricondurre a Dio un mondo deturpato dal male e dal peccato, ma non agisce con spirito negativo e inasprito, proprio perché egli ama il mondo creato da Dio suo Padre (21).

Dobbiamo ringraziare e lodare il Signore perché ha colmato questo sacerdote di tanti doni così necessari alla Chiesa e al mondo. Per formarlo alla sua missione fondazionale Dio si è servito di altri strumenti, primi fra tutti i suoi genitori, Josè e Dolores, che prepararono con affetto e con saggezza cristiana il cuore di Josemaría a ricevere le luci della sua vocazione. Furono anche loro a trasmettergli una filiale devozione verso la Madonna, che crebbe ininterrottamente lungo la sua vita. A Maria Santissima, Mediatrice dei doni divini, ci rivolgiamo adesso, invocandola affinchè si avveri la supplica spesso ripetuta dal Beato Josemaría: Omnes cum Petro ad Iesum per Mariam! (22). Che tutti gli uomini giungano a Cristo, in unione con il Successore di Pietro e per mezzo di Maria.

 

 

 

Javier Echevarría